Uomini Nobili, di singolar talento, ed amanti degli Studi nostri
GLI ACCADEMICI PIÚ ILLUSTRI
Il capitolo VI delle Deliberazioni e Statuti dell’Accademia, emanato già nel 1728, l’anno successivo alla costituzione, stabiliva che “a pubblica utilità della Toscana tutta, vogliamo che da quella, e da altronde ancora, sciegliere si possano Uomini Nobili, di singolar talento, ed amanti degli Studi nostri, siccome altri, che con laude abbiano dato o sieno per dare libri alle stampe, o reputinsi eccellenti in qualche genere di erudizione, i quali tutti all’Accademia aggregare si voglino…”. Partendo da tale principio della universalità della cultura, i soci accademici furono individuati fra i massimi esponenti delle varie discipline: molto spesso erano gli stessi studiosi a chiedere di far parte del sodalizio, dimostrandone pertanto il prestigio. È impossibile stabilire una gerarchia di nomi; negli atti accademici e nelle pubblicazioni sono elencati tutti i soci, fino dall’inizio dell’attività accademica: dalla loro consultazione si ricava il livello assolutamente elevato e l’internazionalità che hanno sempre caratterizzato la vita dell’Accademia.
ONOFRIO BALDELLI
Discendente di una delle famiglie più note della città di Cortona fra Seicento e Settecento, intraprese la carriera ecclesiastica trasferendosi presto a Roma, dove si formò in un ambiente già orientato verso gli studi storici e archeologici secondo i principi di razionalità e disciplina scientifica già presenti in città; qui egli costituì una notevole raccolta di oggetti archeologici e naturalistici, documenti e strumenti scientifici, impegnando una parte consistente del suo pur ingente patrimonio e sottoponendosi a debiti che non sempre riusciva ad onorare. A Cortona vivevano i suoi nipoti, i fratelli Marcello, Filippo e Ridolfino Venuti, anch’essi formati in un ambiente nuovo e pieno di stimoli e attività culturali e filosofiche, che cercarono di impedire la dispersione di quell’ingente patrimonio; si impegnarono quindi a rilevare la raccolta di Onofrio, pagando i suoi debiti e promuovendo la nascita di una istituzione culturale nuova ed originale sviluppata intorno ai beni da lui ottenuti.
Fu così che sulla prosecuzione di una Società degli Occulti – che era nata e si era formata sulla scia delle tante accademie di cultura e scienze varie sorte un po’ ovunque nella Toscana a cavallo dei due secoli, ma prive di un vero progetto scientifico – nacque e iniziò a svilupparsi l’Accademia Etrusca il 27 novembre 1727, grazie all’impegno di diciassette nobili, ecclesiastici e uomini di cultura di Cortona.
MARCELLO VENUTI
Nato nel 1700, dopo aver studiato al Liceo Cicognini di Prato e aver seguito nello studio pisano come uditore i corsi di grandi docenti come Grandi, Valsecchi e Tanucci, entrò a Firenze in stretto rapporto con Filippo Buonarroti che gli rivelò ogni più recondito mistero della veneranda Antichità, introducendolo nel consesso dei maggiori intellettuali, diplomatici e grandi politici della corte granducale. Su ispirazione e con il concorso di tali personaggi, e cogliendo l’occasione del lascito della raccolta di libri e oggetti d’arte posseduti dallo zio Onofrio Baldelli, promosse con altri nobili ed ecclesiastici di Cortona la nascita nel 1727 dell’Accademia Etrusca di cui fu uno dei più attivi esponenti. Fra il 1738 e il 1739, essendo entrato in cordiale rapporto con Carlo III di Borbone, Re di Napoli, ottenne da lui l’incarico di sistemare le sue raccolte di libri e oggetti d’arte e soprattutto di sovrintendere agli scavi di Ercolano, da poco avviati, ma senza ricevere in cambio ricompense o gratificazioni, anche per la malcelata ostilità della corte. Così nel 1740 rientra a Cortona, dove si occupa degli affari di famiglie e dell’Accademia Etrusca, che anche grazie alle sue conoscenze e alla sua abilità era divenuta rapidamente e fino dai primi anni di vita una istituzione di fama internazionale. Qui promuove ed anima le riunioni culturali registrate nelle Notti Coritane, avviate nel 1744, e progetta tutta una serie di operazioni destinate ad arricchire la città e rendere migliore la sua vita sociale e culturale: fra queste il monumento a Pietro Berrettini o il teatro del Biscione in palazzo Casali. Con la sua morte, nel 1755, anche l’attività dell’Accademia conosce un periodo, fortunatamente breve, di crisi, soprattutto per la difficoltà di trovare un sostituto che avesse le sue capacità e la sua conoscenza. Dei suoi cinque figli, solo Giuseppe Benvenuto seguì in modo solerte le orme paterne, pur senza ottenere analoghi successi; nelle “Novelle Letterarie” del 1756 si dice che L’Accademia Etrusca di Cortona non solamente riconosce lui come fondatore, ma ancora per massimo promotore, e come principal cagione della sua gloria e ingrandimento.
RIDOLFINO VENUTI
Come il fratello maggiore Marcello, anch’egli studiò a Prato e poi a Pisa alla scuola di Grandi e Tanucci, dedicandosi alla carriera ecclesiastica ed agli studi classici e con una buona conoscenza dell’ebraico, del francese e dell’inglese. A Roma divenne auditore del cardinale Alessandro Albani ed entrò in relazione con i personaggi più famosi della capitale che lo ammisero a frequentare le loro biblioteche e collezioni d’arte antica, dedicandosi così allo studio e alla conoscenza del mondo antico e professandosi allievo e seguace di Anton Francesco Gori. Può così dare alle stampe varie opere sull’antichità, senza peraltro trascurare l’Accademia Etrusca della quale è tesoriere e per la quale provvede a far stampare i Saggi di Dissertazione, il cui primo tomo esce nel 1735 per i tipi di Pagliarini. La sua costante presenza nell’ambiente colto romano non lo esime da critiche accese verso quello stesso ambiente nel quale regna l’ignoranza e non si trovano mecenati. Con l’ascesa al soglio pontificio di Benedetto XIV Lambertini, uomo di cultura e aperto ai problemi del suo tempo, Ridolfino riesce ad esprimere al meglio la sua competenza, divenendo nel 1744 Commissario alle antichità di Roma e Custode delle Gallerie pontificie, e ponendosi come interlocutore privilegiato dei maggiori intellettuali del tempo. Continua intensa la sua attività editoriale, anche con opere in lingua inglese e di grande respiro; per l’Accademia pubblica, con Gori e Valesio, il Museum Cortonense nel 1750. La morte però lo coglie nel 1763, nel pieno della sua attività, lasciando inediti molti suoi studi, solo in parte pubblicati postumi. Suo successore alla direzione delle antichità romane viene nominato niente meno che quel Johann Joachim Winckelmann che in breve rivoluzionò con la sua filosofia la storia dell’arte antica.
FILIPPO BUONARROTI
Discendente della famiglia fiorentina che aveva dato i natali al grande Michelangelo, Filippo fu antiquario, studioso e uomo politico alla corte granducale, prima con Cosimo III poi con Gian Gastone, ultimo della dinastia Medici; faceva parte di quella schiera di intellettuali e uomini politici che tentarono, senza successo, di impedire ad una stirpe non italiana l’accesso allo stato toscano, in nome dell’autonomia che fino dal tempo degli antichi Etruschi ne era stata prerogativa fondamentale. In base a tale principio, esaltò la storia e la cultura dell’antico popolo, pubblicando il De Etruria Regali dello scozzese Thomas Dempster, rimasto per più di un secolo manoscritto, radunando una ricca collezione di oggetti etruschi o ritenuti tali e, infine, proteggendo la nascita e lo sviluppo iniziale dell’Accademia Etrusca, sorta a Cortona su ispirazione dei fratelli Venuti, suoi discepoli e amici. In segno di riconoscenza, Buonarroti fu nominato Lucumone perpetuo dell’Accademia; nella raccolta accademica è conservata una sua medaglia, alla cui realizzazione partecipò anche il sodalizio cortonese.
ALESSANDRO ALBANI
Nativo di Urbino e nipote di papa Clemente XI, svolse una brillante carriera ecclesiastica che lo portò a svolgere mansioni di grande responsabilità, anche se spesso contrastate; ottenuta a soli 29 anni la porpora cardinalizia, fu abile diplomatico e artefice di importanti trattative fra lo Stato della Chiesa e le principali cancellerie europee.
Nel 1735 fu nominato Lucumone dell’Accademia Etrusca, nell’anno stesso in cui prese avvio la pubblicazione dei Saggi di Dissertazione, curati da Ridolfino Venuti e stampati a Roma. Grazie al suo interessamento erano stati eseguiti i calchi delle tavole eugubine, impresse su carta in almeno due copie; una di esse fu donata da Giovanni Vincenzo Capponi all’Accademia Etrusca (forse l’unica copia integra rimasta) quale testimonianza della cultura dell’epoca e a ricordo del suo Lucumonato. Albani donò un suo ritratto, come era consuetudine per i Lucumoni della prima fase di vita dell’Accademia.
Conte di Richecourt
EMMANUEL FRANÇOIS JOSEPH IGNACE DIEUDONNÉ DE NAY-RICHECOURT
Alla morte di Gian Gastone, ultimo della dinastia dei Medici, il consesso delle potenze europee aveva stabilito che sul trono di Firenze andasse Francesco Stefano di Lorena, anziché don Carlos di Borbone al quale all’inizio degli anni Trenta del Settecento sembrava spettasse la successione. Il più stretto collaboratore di Francesco e suo plenipotenziario fu il Conte di Richecourt, autore , assieme al principe di Craon – Lucumone nel 1739 – , di una drastica rivoluzione nella politica granducale, dopo aver formulato pesanti giudizi sulla gestione precedente del Granducato e sui personaggi che ne avevano la responsabilità. La riforma trovò una forte opposizione, durata alcuni anni, fino al definitivo imporsi di essa e all’allontanamento o ridimensionamento delle funzioni di alcuni dei personaggi più in vista dell’aristocrazia fiorentina, che ai Lorena si contrapponevano.
La nomina di Richecourt a Lucumone nel 1743, come quella precedente di Craon, assunse pertanto un significato “politico” assai chiaro: l’Accademia che con la sua fondazione dichiarava il legame con l’autonoma dinastia medicea e ricusava il passaggio ad una casa straniera, accetta ora lo stato di fatto e in nome della ragion di stato condivide la riforma lorenese, impersonata dal presidente del suo consiglio di reggenza. Non è noto se il conte sia mai venuto a Cortona, ma diplomaticamente espresse riconoscenza per la nomina e fece doni all’Accademia, riconoscendo una stato di fatto ormai non più modificabile.
III Conte Cowper
LORD GEORGE NASSAU CLAVERING-COWPER
Nato nel 1739, intraprese giovanissimo un intenso grand tour in vari Paesi europei, arrivando infine a Firenze nel 1759; qui si stabilì, acquistando una villa a Fiesole e frequentando attivamente gli ambienti culturali e politici e ottenendo favori e titoli presso il Granduca Pietro Leopoldo. A Firenze formò una importante collezione d’arte e fu mecenate di artisti e scienziati, fra i quali Alessandro Volta, per il quale promosse l’erezione di un monumento funebre in Santa Croce. Nel 1780 e 1781 fu nominato Lucumone dell’Accademia, che certamente conosceva e forse frequentava; donò un suo ritratto con le insegne della sua autorità. È molto probabile che per i suoi auspici sia giunto a Cortona il pittore Johann Zoffany, che per lui aveva lavorato a Firenze e che lasciò un suo autoritratto in Accademia. Dopo la sua morte fu sepolto a Hertford in Inghilterra.
GIROLAMO MANCINI
Nato a Cortona nel 1839, dopo gli studi a Siena dagli Scolopi, coltivò intensamente la sua passione per l’arte, la storia, la letteratura, studiando sia nella biblioteca di famiglia, sia in quella dell’Accademia Etrusca, di cui divenne socio a soli ventidue anni. Nel 1855 istituì a Cortona, assieme ad Antonio Guadagnoli, la Confraternita di Misericordia; dopo l’Unità d’Italia, rivestì numerosi incarichi politici, sia in ambito locale che nazionale: nel 1865 fu eletto Deputato al Parlamento come liberale moderato, sempre cercando di favorire gli interessi della sua città. In campo economico fondò con Luzzatti la Banca Popolare di Cortona nel 1881.
Dedicatosi in modo sempre più assiduo ai suoi studi, pubblicò molte opere biografiche e storiche, oltre che monografie artistiche; partecipò attivamente alla vita dell’Accademia: fu nominato Conservatore del Museo e Direttore della Biblioteca: qui riorganizzò e provvide all’inventariazione del grande patrimonio archivistico e bibliografico, restaurando opere e acquistandone di nuove, in ciò investendo lo stipendio che gli passava il Comune e impegnando i suoi beni personali; nel 1889 divenne Lucumone, carica mantenuta fino alla morte, avvenuta nel 1924. Il suo ricordo è tuttora vivo in città per le molteplici iniziative che portano il suo nome; il suo ingente patrimonio bibliografico e artistico è tuttora in gran parte integro e fruibile e dimostra la sua straordinaria capacità intellettuale e la volontà di far progredire socialmente e culturalmente i suoi concittadini.