Accademia Etrusca
MOTTO DEGLI ACCADEMICI
Il motto che compare nello stemma dell’Accademia esprime in poche parole l’intento degli accademici: ricomporre da un fatto oscuro un quadro chiaro e splendenti, grazie al fascino e alla guida delle Muse, toccando ogni argomento. Graficamente il concetto è espresso dai motivi raffigurati nello stemma: il tripode, simbolo di Apollo, è lo strumento attraverso il quale si può rispondere anche alle domande più oscure; il serpente indica la sapienza da cui sono ispirate le risposte; la stella allude ad Elettra, mitica figlia di Atlante e sposa di Corito, fondatore e re di Cortona; la corona turrita allude infine allo strettissimo legame con la città in cui l’Accademia ha sede Il motto, posto in una fascia che circonda lo stemma, è tratto da un verso del massimo poema di Lucrezio, De rerum natura, Liber I, vv. 921-950
Nunc age quod superest cognosce et clarius audi nec me animi fallit quam sint obscura; sed acri percussit thyrso laudis spes magna meum coret simul incussit suauem mi in pectus amorem musarum, quo nunc instinctus mente uigenti auia Pieridum peragro loca nullius ante trita solo, iuuat integros accedere fontis atque haurire, iuuatque nouos decerpere flores insignemque meo capiti petere inde coronam unde prius nulli uelarint tempora musae; primum quod magnis doceo de rebus et artis religionum animum nodis exsoluere pergo, deinde quod obscura de re tam lucida pango carmina, musaeo contingens cuncta lepore. id quoque enim non ab nulla ratione uidetur; sed ueluti pueris absinthia taetra medentes cum dare conantur, prius oras pocula circum contingunt mellis dulci flauoque liquore, ut puerorum aetas improuida ludificetur labrorum tenus, interea perpotet amarum absinthi laticem deceptaque non capiatur, sed potius tali pacto recreata ualescat, sic ego nunc, quoniam haec ratio plerumque uidetur tristior esse quibus non est tractata, retroque uulgus abhorret ab hac, uolui tibi suauiloquenti carmine Pierio rationem exponere nostram et quasi musaeo dulci contingere melle, si tibi forte animum tali ratione tenere uersibus in nostris possem, dum perspicis omnem naturam rerum qua constet compta figura.
“Suvvia, ora conosci ciò che rimane ed ascolta con chiarezza maggiore. E non mi sfugge nell’animo quanto questi fatti siano oscuri; ma una grande speranza di essere lodato ha toccato il mio cuore con il tirso appuntito, e contemporaneamente mi ha instillato nell’animo il dolce amore delle Muse, infiammato dal quale ora con animo pieno di forza percorro i territori inaccessibili delle Pieridi, calpestati, in precedenza dai piedi di nessuno. E’ bello accostarsi a fonti incontaminate e dissetarsi, ed è bello cogliere fiori sconosciuti, di lì trarre per il mio capo una magnifica corona, con la quale mai prima le Muse avevano cinto le tempie di altri; poiché innanzitutto, io insegno su cose grandi e mi sforzo di sciogliere l’animo dagli stretti nodi della religione, poi perché compongo su un fatto oscuro carmi così splendenti, toccando ogni argomento con il fascino delle Muse. Ed anche questo fatto non mi sembra privo di motivo; ma, come quando i medici tentano di dare ai bambini l’assenzio ripugnante, prima cospargono gli orli intorno alla tazza con il liquido dolce del miele, perché l’incauta età dei bambini venga ingannata fino alle labbra, ma nel frattempo ingoi completamente il lattice amaro dell’assenzio, e, sviata, non venga ingannata, ma, piuttosto, guarita in questo modo, ritrovi la salute, così ora io, dal momento che questa dottrina il più delle volte sembra essere più severa a coloro dai quali non è stata sperimentata, e la folla fugge lontano da essa, ho voluto per te, con un carme pierio dalle dolci parole, esporre la nostra dottrina e, per così dire, cospargerla col dolce miele delle Muse; oh, se potessi in questo modo tenerti avvinto l’animo ai nostri versi, mentre tu esplori a fondo tutta la natura, di quale struttura risulti composta!”